giovedì, aprile 25

Attualità

La crisi è generale. Ne soffrono la Germania, l’Inghilterra, la Francia. Ne soffrono gli Stati Uniti. Ma mentre in questi paesi, da quando la crisi è cominciata, tutti ne hanno preso coscienza e vi si sono sentiti coinvolti, noi italiani abbiamo considerato la crisi come un problema altrui e abbiamo seguitato a vivere e a consumare come se la crisi non ci fosse. Diceva il grande Einaudi che la “scienza” economica non esiste: esiste solo il buon senso applicato all’economia. E il buon senso ci dice in questo caso due cose. Primo: che nel tunnel della crisi ci siamo cacciati perché da almeno un paio di decenni viviamo tutti al di sopra dei nostri mezzi. Secondo: che per venirne fuori bisogna fare esattamente il contrario, cioè lavorare di più e guadagnare e spendere di meno. Questa corsa pazza dietro il superfluo conduce non soltanto alla rovina, ma anche all’insoddisfazione perpetua.

Questo discorso è stato fatto dal grandissimo Indro Montanelli quasi 30 anni fa.
Prima di scendere in piazza per cambiare la politica - cambio che mi trova d'accordissimo purchè con persone preparate, non è che perchè una persona sia onesta o lavoratrice per forza debba essere brava nell'arte della politica - perchè non darsi da fare per cambiare gli italiani?

Meditiamo gente, meditiamo.


domenica, aprile 21

Lacrime politiche

Oggi e domani (ovvero il 21 e 22 aprile 2013) i friulani sono stati chiamati a fare il loro dovere per eleggere il nuovo presidente della regione e queste sono le prime votazioni dopo il patatrac delle elezioni di febbraio e il casinone venuto fuori dalla scelta del presidente nei giorni scorso (ma che ve lo dico a fare? Non vivete mica sotto una pietra, e da febbraio in poi non si è parlato di altro).
Flashback molesto, ora: guardate la vecchia me (più giovane di sette anni, una freschissima diciottenne, idealista, straripante di fiducia) entrare nella saletta del teatro della mia cittadina, tutta emozionata e senza avere nemmeno ricevuto la tessera elettorale, per votare alle primarie del PD (che all'epoca non si chiamava così, penso che fosse L'Ulivo). Osservate la mia gioia a fior di labbra, la trepidazione impaziente nel fare la fila e il tremore delle mani nell'impugnare la matita dovuto all'eccitazione di partecipare attivamente alla politica del mio Paese per la prima volta. Non ricordo chi ho scelto, non ricordo nemmeno i candidati, ma non scorderò cosa ho sentito in quel momento, perché ho provato quelle emozioni, anche se forse in maniera leggermente ridotta, ogni volta che sono andata a votare; e ogni volta, uscita dalla cabina di legno coperta da un corto telo bruno, non ho potuto trattenere un sorriso per la soddisfazione di aver fatto il mio dovere, di aver partecipato, e per la piena consapevolezza di appartenere ad una nobile democrazia.
Questa volta non è andata così. Questa volta ho avuto quasi voglia di restare a casa, o di lasciare la scheda bianca. Questa volta ero così scoraggiata e delusa dai recenti sconvolgimenti politici che sono andata a votare con la morte nel cuore. Sorriso forzato nell'entrare nel mio seggio, "Buongiorno" d'obbligo, apatia nel prendere la scheda e la matita. Protetta dalla grezza tendina scura mi sono concessa più tempo del solito prima di tracciare finalmente la mia croce. Altro sorriso, altro "Buongiorno" e, uscita dalla scuola elementare che ospita da sempre i seggi, non ho potuto trattenere le lacrime. 
Non erano lacrime di felicità, questo ve lo posso assicurare. Neanche l'ombra della soddisfazione provata in precedenza, nulla di tutto ciò. Solo una grande delusione e la sensazione che la democrazia si stia rompendo. Piangevo per la mia Italia, perché amo il mio paese ed odio vederlo ridotto così.

Giulia




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